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Anche in Veneto ed in particolar modo a Chioggia sta crescendo il disagio rispetto alle prospettive ventilate di riduzione dello sforzo pesca tra il 10 ed il 30% per la pesca a strascico nel Mar Mediterraneo occidentale e per quella demersale e dei piccoli pelagici in Adriatico.
Già a metà dicembre le sirene dei pescherecci della marineria clodiense si erano levate a protesta contro questo scenario che potrebbe portare con sé effetti devastanti per l’economia del territorio.
E proprio in questi giorni 100 ricercatori di estrazione ambientalista di MedReAct e dall’Adriatic Recovery Project hanno sottoscritto un appello rivolto alla Commissione Generale per la pesca nel Mediterraneo (CGPM) per la creazione di una no fishing zone in Adriatico tra Italia e Albania.
Emanuele Mazzaro – amministratore unico di S.S.T. spa società servizi territoriali & direttore del Mercato Ittico all’ingrosso di Chioggia interviene a riguardo:
“E’ grande la confusione che traspare anche dall’attività istituzionale degli apparati europei, e sicuramente se le istanze a sostegno del mare e dell’ecosistema sono fondate e rispettabili, – credo però – che non bisogna assumere posizioni ideologiche in merito.”
E precisa: “E’ fondamentale soppesare entrambi i piatti della bilancia, perché se si parla di sostenibilità della pesca e di blue economy (termine coniato dal discusso economista Gunter Pauli), è necessario allo stesso modo quantificare cosa possa significare in termini socio-economici un ridimensionamento così accentuato dell’attività di pesca in Italia.”
Conclude Mazzaro: “Si rischia di dare un colpo mortale a tutte le imprese della filiera ittica che generano quotidianamente ricchezza e sviluppo. Solo in Veneto nel distretto di Rovigo e Chioggia sono oltre duemila le aziende con quasi un miliardo di fatturato. Una riconversione in tempi ristretti è pura utopia e la politica dovrebbe fare quadrato per salvare il futuro di migliaia di operatori e famiglie.
Written by: Redazione